Il miglio: un ricostituente naturale per mente e corpo
Il miglio: un ricostituente naturale per mente e corpo

Il miglio: un ricostituente naturale per mente e corpo

Il miglio appartiene alla famiglia delle Graminaceae e non contiene glutine, indicato, quindi, per celiaci e intolleranti al glutine. Presenta una buona quota di carboidrati, che giustifica le sue calorie, 378 per 100 grammi. Importante è la parte di proteine, circa l’11 %, ad alto valore biologico.

Il miglio è poco utilizzato ma dovremmo inserirlo più frequentemente nella nostra tavola proprio per le sue notevoli proprietà nutrizionali.

Per la preparazione non è necessario l’ammollo, ma è opportuno lavare il cereale sotto acqua corrente, per eliminare le impurità. Cuoce in acqua, 3 volumi d’acqua per 1 volume di cereale, a temperatura bassa e con coperchio per circa 20 minuti.

Si può associare alle verdure, si possono fare degli sformati, oppure utilizzarlo a colazione al posto dei cereali confezionati.

I benefici che apporta alla nostra salute

Il miglio: un ricostituente naturale per mente e corpo
  • Azione detossificante: la presenza di amminoacidi come la metionina offre un’azione di detossificazione da prodotti metabolici di scarto e di xenobiotici (ovvero farmaci, come gli estrogeni, tossine o inquinanti). In particolare alcuni studi hanno evidenziato che la metionina favorisce l’eliminazione di istamina, risultando un utile coadiuvante in caso di allergie alimentari o respiratorie.
  • Benessere mentale e ricostituente: la presenza di vitamine del gruppo B, ferro, fosforo, calcio, magnesio e zinco fa si che questo alimento abbia un forte potere ricostituente ed energizzante, ottimo in caso di convalescenza, anche per la sua elevata digeribilità, ma anche per gli sportivi e per gli studeti e gli anziani in quanto favorisce i processi mnemonici.
  • Buon umore: il miglio è ricco di triptofano, un amminoacido essenziale precursore della serotonina, l’ormone che promuove il buonumore. Consumare regolarmente a colazione, piuttosto che a pranzo o cena il miglio, aiuta a sopportare meglio lo stress.
  • Problemi digestivi: come già accennato, il miglio è altamente digeribile, indicato nell’alimentazione degli anziani, dei bambini o di chi ha problemi di gastrite. In quest’ultimo caso il miglio contribuisce a ridurre l’acidità di stomaco per il suo potere alcalinizzante.
  • Colesterolo: grazie alle fibre e alla presenza di niacina, detta anche vitamina B3, il miglio aiuta il nostro corpo ad aumentare il colesterolo buono e a diminuire quello cattivo.
  • Benessere del cuore: la niacina viene spesso prescritta dai medici ai pazienti che hanno problemi di pressione sanguigna alta o che hanno avuto una malattia cardiaca.
  • Rinforza denti, unghie e capelli: la ricchezza in cistina, amminoacido ricco in ponti di zolfo, e la ricchezza in acido salicilico, stimola la formazione della cheratina. Di conseguenza i nostri capelli, le unghie e i denti saranno più belli e forti.

Nei prossimi giorni proveremo insieme alcune ricette semplici e veloci per gustare questo prezioso alimento.

 

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Mal di pancia, Gonfiore e Diverticoli: la soluzione è nelle Fibre
Mal di pancia, Gonfiore e Diverticoli: la soluzione è nelle Fibre

Mal di pancia, Gonfiore e Diverticoli: la soluzione è nelle Fibre

Oggi ti parlo di un problema intestinale abbastanza comune, tipico dei paesi occidentali, la diverticolosi, cioè la presenza di diverticoli nel colon, la cui patogenesi prevede fattori alimentari e comportamentali, oltre che ereditari e genetici.

I diverticoli sono estroflessioni della parete intestinale, come dei bottoncini ai lati del colon, punti molto delicati e soggetti ad infiammazione.

Molto spesso i diverticoli sono asintomatici per cui conviviamo con essi senza mai accorgecene. Altre volte, invece, possono infiammarsi, generando sintomi anche gravi, dovuti al ristagno di materiale fecale al loro interno e successiva contaminazione batterica.

Quali i sintomi più comuni?

Generalmente il paziente afferma di essere “abbastanza regolare” ma, ad una indagine più approfondita emerge che un’alternanza di più evacuazioni al giorno, con feci molli o poco formate, a più giorni senza evacuare, meteorismo.Spesso avverte un fastidio, più che un dolore, al fianco sinistro e nella parte bassa dell’addome. La sua circonferenza addominale risulta sopra la norma, con un addome teso, come se fosse pieno d’aria, e dolorante alla palpazione.

Diverticolosi o sindrome del colon irritabile?

I sintomi della diverticolosi spesso si confondono con la sindrome del colon irritabile e viceversa. Per la diagnosi è necessario un accertamento diagnostico, con mezzi strumentali, da un Gastroenterologo.

Come mai si formano i diverticoli?Diverticolosi dell'intestino crasso - Disturbi digestivi - Manuale ...

Nella maggior parte dei casi è lo stile alimentare e di vita che favorisce questo fenomeno, a volte può essere indotto anche dall’assunzione di farmaci che alterano il transito intestinale.

La malattia diverticolare è comune nei paesi industrializzati, in particolare in quei paesi dove vigono diete a basso apporto di fibra. La malattia è rara in Asia e in Africa, dove la maggior parte delle persone assumono diete ad alto apporto di fibra.

Una tra le cause più importanti della diverticolosi è la stitichezza: le feci dure e grumose e gli sforzi per defecare, possono causare aumento della pressione nel colon, soprattutto nei tratti più stretti del colon sigmoideo. Questa tensione sulle pareti interne del viscere è quella che può causare il cedimento delle stesse attraverso punti deboli di minor resistenza. Si vengono a formare quelle tasche che sono i diverticoli.

Come mai si infiammano?

E’ molto probabile che la prolungata costipazione tenda a riempire anche le sacche diverticolari di feci. Tale deposito aumenta la carica batterica che provoca l’infezione. Una condizione da non prendere sotto gamba perchè, col tempo e se non curati, potrebbero perforarsi, provocando una peritonite.

In che modo la dieta può aiutare?

Il tipo di alimentazione da scegliere dipende dalla situazione in cui ci troviamo.

Se sono in diverticolosi, asintomatica, o ad un livello di lieve diverticolite, allora è necessario modificare la nostra alimentazione per migliorare il transito intestinale e ridurre l’infiammazione.

Le modifiche vanno fatte gradualmente, altrimenti rischiamo di avere un effetto opposto a quello desiderato.

Le fibre

Le fibre sono la parola chiave alla soluzione del problema ma bisogna saperle dosare.

  1. Comincia ad introdurre una porzione al giorno di fibre insolubili (crusca) presenti nei prodotti integrali come pane, pasta, cereali (riso, farro, orzo, etc.).
  2. Introduci almeno due porzioni al giorno di fibre solubili derivanti dalle verdure crude. Meglio cominciare il pasto con la verdura cruda.
  3. Introduci massimo due porzioni al giorno di fibre solubili derivanti dalla frutta, meglio con la buccia.
  4. Inserisci un paio di porzioni a settimana di legumi al posto della carne o dei latticini.
  5. Anche la frutta secca a guscio può aiutare (mandorle, noci, nocciole, pistacchi non salati) per la presenza di fibre e grassi buoni.
  6. Grassi buoni di origine vegetale: olio extravergine di oliva crudo, olio di canapa, avocado, frutta secca a guscio, semi di girasole, zucca. I semi di chia, papavero, sesamo, semi di lino e tutti i semi difficilmente masticabili, vanno consumati solo se tritati in polvere con un macina caffè, altrimenti non vengono digeriti.
  7. Ultima, ma non per importanza, l’acqua. Il colon va idratato bene se vogliamo un intestino regolare. Solo gli alimenti non bastano.

Quali alimenti fanno male?

Tutti gli alimenti che non favoriscono il transito intestinale e che si depositano nelle sacche.

  1. Tutti gli alimenti fatti con farine raffinate. Sono poveri di fibre e gli amidi senza fibre, formano una specie di “colla” attorno l’intestino.
  2. Un eccessivo consumo di carne e latticini, noti per avere un potere pro-infiammatorio sul colon.
  3. Sostanze irritanti per il colon come caffè, tè, alcolici.
  4. Le bevande gassate, aumentano ulteriormente la pressione intestinale
  5. Cibi denominati senza zucchero: i dolcificanti sono irritanti e peggiorano i sintomi dissenterici.
  6. Gli alimenti con semi piccoli: kiwi, pomodori, fragole, uva, fichi, i frutti di bosco. I cetrioli, come anche i pomodori, si possono mangiare eliminando i semi.
  7. Semi di chia, papavero, sesamo, lino, etc. vanno consumati solo se tritati in polvere con un macina caffè. La questione dei semi però è stata messa in discussione

 

Le buone abitudini fondamentali

L’abitudine essenziale per il benessere intestinale, e non solo, è la camminata o una leggera attività sportiva. Camminare aiuta a mantenere tonica la muscolatura del torchio addominale, facilitando l’attività defecatoria, eliminando il fattore di rischio stitichezza che facilita la formazione diverticolare.

E’ bene integrare fermenti lattici come mantenimento di una flora batterica equilibrata ed un intestino regolare, non in caso di infezione.

Ma se i sintomi sono di una Diverticolite acuta?

Durante un attacco acuto importante, in cui si può avere febbre, nausea, vomito, crampi molto dolorosi è opportuno il ricovero e la “messa a riposo dell’intestino”, cioè un digiuno assoluto, la nutrizione totale parenterale e la terapia antibiotica ed anti-infiammatoria prescritta dal Gastroenterologo.

Passato il primo momento acuto, è importante:alimentazione naturale

  1. Ridurre le fibre per qualche giorno.
  2. Meglio assumere delle creme di cereali, tipo  crema di riso, tapioca, etc.
  3. Il pane tostato.
  4. Brodo vegetale filtrato.
  5. Poca carne magra, meglio se omogenizzata.
  6. Frutta e verdure in centrifugato/estratto.

Gradualmente si potranno introdurre tutti gli alimenti compresi quelli ricchi di fibre.

 

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Foto: Freepik

 

 

 

 

 

 

 

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bruciore
La primavera risveglia il bruciore di stomaco e il reflusso: farmaci o alimenti?

Con la primavera si risveglia la natura, clima più mite ma variabile, prati ed alberi in fiore, il risveglio degli animali dopo l’inverno.

Succede, però, che con il cambiare delle stagioni, il nostro corpo sia più fragile ed esposto ai malanni. Uno tra i sintomi che generalmente peggiora in questo periodo, è il bruciore di stomaco (pirosi gastrica) e, per chi ne soffre, il reflusso gastroesofageo (RGE) e l’ulcera peptica, dovuto ad un aumento dei succhi gastrici acidi prodotti dallo stomaco (acido cloridrico).

Perché in primavera?

L’aumento primaverile dell’acido cloridrico è un retaggio evolutivo: l’uomo primitivo non si alimentava frequentemente in inverno, per cui l’organismo riduceva la secrezione gastrica acida per proteggere le pareti dello stomaco a seguito di lunghi digiuni. In primavera, tornando ad alimentarsi con maggiore frequenza, la secrezione gastrica aumentava.

Con l’aumento delle ore di luce, aumenta anche la formazione dell’ormone cortisolo, la cui azione però limita la peristalsi intestinale (le contrazioni involontarie dello stomaco e dell’intestino) che favoriscono la digestione. Il cortisolo poi predispone ad ansia e sbalzi d’umore, che portano talvolta inappetenza e dispepsia (difficoltà digestive).

I problemi digestivi e il bruciore sono più accentuati nelle persone con cattive abitudini invernali:

  • maggiore sedentarietà
  • alimentazione meno curata e più ricca di grassi
  • assunzione di troppi caffè, tè, cioccolata
  • assunzione frequente di alcoolici.

Condizioni queste che possono irritare la mucosa dello stomaco, rendendola più sensibile agli acidi gastrici.

Rimedi: meglio i farmaci o l’alimentazione?

Dipende. In linea di massima, i farmaci utilizzati nella gastrite e nell’ulcera, IPP (Inibitori della Pompa Protonica, amichevolmente chiamati “Gastroprotettori”), sono insostituibili nella gestione delle malattie da iperacidità e i benefici complessivi della terapia sulla qualità della vita superano i potenziali danni da effetti colaterali.

Tuttavia, l’associazione dei gastroenterologi italiani (AIGO), la sociatà italiana di farmacologia (SIF) e la federazione italiana Medici di medicina generale (FIMMG) hanno evidenziato come oltre il 43% delle prescrizioni di IPP sia inappropriato e fuori le indicazioni AIFA.

Quando e come dev’essere prescritto un IPP?

  • Un gastroprotettore (IPP) va utilizzato sotto indicazioni mediche appropriate e solo dopo aver modificato le abitudini alimentari e di stile di vita (es. non coricarsi dopo i pasti).
  • Il dosaggio deve partire dalla dose efficace più bassa
  • Il periodo di utilizzo, il più breve
  • Un trattamento a lungo termine va rivalutato periodicamente dal medico curante
  • Per la malattia da reflusso gastroesofageo (GERD) generalmente viene somministrato per un mese, salvo la non risoluzione del problema.

Cosa provocano gli IPP nel lungo periodo?

IPO-ACLORIDRIA

Un ph più alto riduce l’effetto barriera dello stomaco. L’acidità dello stomaco è una protezione naturale del corpo contro le infezioni. L’uso continuativo e non controllato dei Gastroprotettori ci espone a:

  • Maggiore suscettibilità a polmonite negli anziani (infezione o sintomi da MRGE?)
  • Aumentata suscettibilità a infezioni enteriche (salmonella, Listeria, Camp. J. etc.).
  • Crescita eccessiva batterica intestinale (SIBO). SIBO effetto collaterale degli IPP ben documentato in letteratura.
  • Il prolungato e non controllato uso di antiacidi può favorire la comparsa di tumori gastrici e non gastrici.

 

MALASSORBIMENTO

  • Indigestione: alcuni nutrienti (es.proteine) vengono digeriti a determinati ph. La riduzione dell’acidità non favorisce la digestione e l’assorbimento di nutrienti

L’uso continuo provoca il malassorbimento di:

  • Ferro (anemia)
  • Calcio (aumento delle fratture anca, polso, vertebre)
  • Magnesio (assunzione cronica (> 1 anno) di un inibitore di pompa di protonico e l’uso concomitante di diuretici, letargia, tremori, tetania, convulsioni e aritmie)
  • Vitamina B12 (Debolezza, fatica, mancanza di fiato, formicolii alle estremità, perdita di memoria o difficoltà cognitive, difficoltà di deambulazione a causa di problemi di equilibrio, allucinazioni, anemia, pallore, etc.).

 

ASSE CERVELLO-MICROBIOTA-INTESTINO

E’ ormai nota e sempre più studiata la stretta relazione che c’è tra cervello e intestino (microbiota) e l’influenza reciproca per il mantenimento di un equilibrio psico-fisico.

Il microbiota ha un ruolo di fondamentale importanza nei comportamenti depressivi e di ansia.  Il rapporto bidirezionale appare evidente se si considera che ansia e stress sono causa di disordini del tratto GI, e, a loro volta, i sintomi intestinali possono determinare stati di ansia.

Persino nell’autismo e nel Parkinson è stata trovata una relazione con alcune popolazioni di batteri intestinali (Aumento del rapporto Firmicutes/Bacteroidetes, alti livelli di anaerobi facoltativi Escherichia/ Shigella e Candida)

Un microbiota alterato, attiva il sistema immune, conducendo a un eccessivo rilascio di TNF-α e altre citochine. Queste sostanze aumentano la permeabilità intestinale, cronicizzando l’attivazione del sistema immune e dell’infiammazione. Le citochine a loro volta sono in grado di influenzare la funzione cerebrale e favorendo comportamenti depressivi.

E’ evidente come l’uso non controllato di questi farmaci possa determinare effetti avversi da non sottovalutare.

Soluzioni: parti dall’alimentazione

Per contrastare bruciore e pesantezza di stomaco è bene valutare come si mangia.

Ecco alcune pratiche utili per ridurre il bruciore di stomaco. Evita:

  • Il consumo di grassi di origine animale come burro, uova, latticini e le carni grasse
  • Insaccati, alimenti sotto sale e in salamoia
  • Piatti elaborati, fritti, di lunga cottura, pietanze a base di panna e i piatti pronti
  • I cibi piccanti e le spezie piccanti
  • L’aglio, la cipolla
  • La cioccolata, la liquirizia, la menta, il caffè, gli alcolici, i succhi di frutta freschi e confezionati
  • Sughi e brodo di carne
  • Le gomme da masticare e gli alimenti industriali con la dicitura “senza zucchero”, “light”, “Zero”

Altre indicazioni utili per la riduzione del bruciore

  • Non coricarti e non metterti in potrona dopo i pasti: favorisci il reflusso sia perché disteso, sia perché la postura sbagliata favorisce il reflusso
  • Fai due passi dopo pranzo e cena. Studi dimostrano che un’attività leggera, come la camminata, favorisce la digestione perché agisce positivamente sulla peristalsi intestinale, scarica la tensione, aumenta il dispendio calorico e riduce i sintomi di reflusso.
  • Mangia lentamente e riduci le porzioni
  • Sorseggia poca acqua durante i pasti
  • Un bicchiere, non di più, di camomilla dopo i pasti aiuta la digestione.

 

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Am J Gastroenterol 2009 Mar 104 Suppl 2 S 2 4, Am J Gastroenterol 2011 Jul 106 7 1209 18

Am J Gastoenterol 2007 102 2047 2056

Med J Aust 2009 190 114 116

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World J Gastrointest Pharmacol Ther 2011 June 6 2 3 17 26

Clin Gastroenterol Hepatol 2011 Oct 20 Aliment Pharmacol Ther 2011 34 1269 1281

https://ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC1724173/

 

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La chiave della salute è nell'intestino: il microbioma
La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

Oggi affronteremo insieme un argomento che interessa indistintamente bambini, adulti e anziani, parleremo del nostro intestino e dei batteri che ospita e che determinano il nostro stato di salute/malattia.

Fino a poco tempo fa, la microbiologia umana si basava sull’identificazione di microbi singoli, come batteri, funghi e virus, spesso isolati da pazienti con infezioni acute o croniche.

Grazie ad analisi biochimiche (genomica, trascrittomica, proteomica, metabolomica) sono stati individuati e classificati diversi microrganismi in un determinato ecosistema (microbiota), nel tratto gastrointestinale, sulla pelle, nelle vie respiratorie, nel tratto urogenitale e altri distretti, e di valutare tutti i genomi di questi ecosistemi (microbioma), con i relativi prodotti genetici.

Da queste analisi si è visto che ogni individuo ha il proprio e unico microbiota che svolge un ruolo nell’insorgenza delle malattie.

Queste nuove intuizioni si traducono, quindi, in diagnostica, terapeutica e misure preventive nel contesto della medicina personalizzata/di precisione.

La comunità microbica intestinale

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma.

La colonizzazione dei batteri nell’intestino umano inizia alla nascita con un rapida espansione della diversità batterica che si evolve e diventa relativamente stabile in età adulta.

La composizione della comunità microbica intestinale è influenzata da fattori endogeni ed esogeni.

Ad esempio, fattori esogeni che condizionano la popolazione microbica possono essere la dieta (integratori alimentari, allattamento al seno, latte artificiale), l’uso di xenobiotici, compresi antibiotici e altri farmaci.

Studi suggeriscono che la caratterizzazione dettagliata della composizione, della funzione e della variazione del microbioma intestinale umano tra i diversi siti del corpo, possono nello sviluppo di malattia nell’uomo (Figura 1A e B).

image                                                                                                      Fig. 1B

 

 

Figura 1: (A) Microbiomi diversi negli esseri umani; (B) Il microbioma intestinale in individui e pazienti sani

 

Tenuto conto delle numerose e diverse funzioni fisiologiche del microbiota intestinale nella salute umana (tabella 1), non è sorprendente che sia coinvolto anche in malattie gastrointestinali e non gastrointestinali, come l’obesità/sindrome metabolica e aterosclerosi/cardiovascolare, nonché neurologica, psichiatrica e neurodegenerativa malattie, rendendolo uno degli argomenti attuali più dinamici nella ricerca biomedica (tabella 2). Di seguito, alcuni esempi saranno discussi in modo più dettagliato.

 

Fisiologia dell’ospiteRiferimenti
Immunità adattativa20
Autoimmunità21
Immunità innata22
Proliferazione cellulare23
Densità ossea24
Vascolarizzazione25
Segnalazione neurologica26
Biosintesi
Neurotrasmettitori
Ormoni steroidei
Vitamine
Metabolismo
Componenti dietetici
Sali biliari
Droghe
Xenobiotici

Tabella 1: Funzioni della comunità microbica intestinale nella salute umana (esempi).

Allergie / Protezione dalle allergie
Aterosclerosi / trombosi / malattie cardiovascolari
Cancro
Diabete mellito
Malattie infiammatorie immuno-mediate
Malattie infiammatorie intestinali
Sclerosi multipla
Artrite reumatoide
Psoriasi
Kwashiorkor
Malattie del fegato
Sindrome metabolica / obesità
Malattie neurodegenerative, psichiatriche e neurodegenerative
Autismo
Depressione
Morbo di Alzheimer, morbo di Parkinson
Xenobiotici

Tabella 2: Associazioni di malattie con la comunità microbica intestinale (esempi)

 

La chiave della salute è nell’intestino: il microbioma

Malattie infiammatorie intestinali

Le malattie infiammatorie intestinali (IBD) negli esseri umani includono colite ulcerosa (UC) e malattia di Crohn (CD), caratterizzate da un’infiammazione dello strato mucoso del colon nell’UC e dal coinvolgimento transmurale gastrointestinale, compresi i siti extraintestinali in CD.

Sebbene la patogenesi dell’IBD non sia pienamente compresa, è chiaro che la sua patologia dipenda anche dalla comunità microbica intestinale.

Inoltre, sono state individuate specifiche alterazioni del microbiota intestinale nelle IBD che possono fungere da biomarcatori per la predisposizione, attività/gravità e reattività alla terapia.

I tre componenti – ambiente, genetica dell’ospite e comunità microbica – interagiscono per mantenere l’omeostasi l’intestino.

L’interruzione della stabilità di questa interazione può essere un innesco per lo sviluppo della malattia. Due recenti pubblicazioni aprono nuovi scenari sulla patogenesi dell’IBD attraverso il cambiamento della composizione microbica intestinale.

 

Obesità

Negli ultimi anni si sta assistendo ad un incremento di studi e pubblicazioni in merito al ruolo del microbiota intestinale nella patogenesi dell’obesità.

L’obesità è una patologia cronica, multifattoriale, correlata a diverse patologie, cardiovascolari, metaboliche, respiratorie, osteoarticolari. Nella patogenesi dell’obesità interagiscono in maniera molto articolata e complessa diversi fattori: comportamentali, psicologici, ambientali, metabolici, neuro-immuno-endocrini.

E’ stato osservato che i microrganismi che colonizzano il tratto gastroenterico non sono solo ospiti quasi inerti ma sono attivi protagonisti di vivaci interazioni tra il tratto gastroenterico e il sistema neuro-immuno-endocrino.

Nell’individuo normopeso si riconoscono tre tipi (phyla) batterici principali: Firmicutes, Actinobacteria e Bacteroidetes.

Studi effettuati sia nel topo che nell’uomo hanno evidenziato una variazione nella composizione del microbiota intestinale nei soggetti obesi con un incremento dei Firmicutes e una riduzione dei Bacteroidetes.

Il microbiota può incidere  sull’equilibrio nutrizionale e metabolico dell’organismo modulando la capacità di estrarre energia dagli alimenti della dieta e interagendo con il metabolismo glico-lipidico.

I metaboliti rilasciati dalla fermentazione di polisaccaridi complessi della dieta possono aumentare l’assorbimento di glucosio, stimolare la lipogenesi, modificare la composizione in acidi grassi del tessuto adiposo e del fegato, alterare la permeabilità della barriera mucosa intestinale, alterare la risposta immunitaria, contribuire ad uno stato di infiammazione cronica sistemica e allo stato di insulinoresistenza correlato all’obesità.

Obesità, insulino-resistenza e biafra (malnutrizione a carenza proteica) sono esempi per i quali è stata dimostrata una correlazione tra disbiosi e lo stato clinico del paziente. Inoltre, il trapianto di microbiota fecale da donatori sani a pazienti ha portato a un miglioramento clinico.

 

Rischio di aterosclerosi e trombosi

Recenti studi suggeriscono che i microbi intestinali sono coinvolti nell’aterosclerosi. In questo contesto, gli alimenti ricchi di colina, fosfatidicicolina e carnitina come carne, tuorlo d’uovo e latticini ad alto contenuto di grassi, vengono processati dai microbi intestinali dopo ingestione alimentare in trimetilamina (TMA) e nel fegato poi ossidati in N-ossido TMA (TMAO), metabolita che accelera l’aterosclerosi. Livelli ematici elevati di TMAO  sono associati ad un aumento del rischio di malattie cardiache aterosclerotiche.

Inoltre, Il TMAO aumenta l’attività delle piastrine e gli eventi trombotici in modelli animali privi di germi, confermando il ruolo chiave del microbiota.

Questi risultati rivelano un legame precedentemente sconosciuto tra specifici nutrienti alimentari, microbi intestinali e rischio di trombosi (Figura 2).image

 

Figura 2: La trimetilamina microbica intestinale (TMA) e il rischio di aterosclerosi/trombosi

 

In un recente studio, Wang ha dimostrato che 3,3-dimetilo-1-butanolo (DMB), un analogo strutturale di colina, blocca la formazione del TMA intestinale attraverso l’inibizione della TMA-liasi (enzima necessario alla produzione), che si traduce in livelli di TMAO ridotti.  Sembra chiaro come il DMB possa ritenersi un nuovo approccio per la prevenzione e/o trattamento dell’aterosclerosi (Figura 3).

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Figura 3: Inibizione della sintesi di trimetilamina microbica intestinale (TMA) di 3,3-dimetil-1-butanolo (DMB) e attenuazione dell’aterosclerosi.

 

Malattie neurosviluppo, psichiatriche e neurodegenerative

Gli studi sulla comunicazione intestino-cervello dimostrano il ruolo della comunità microbica intestinale nella modulazione, nella maturazione e nella funzione delle cellule del sistema nervoso centrale (SNC) nonché nell’attivazione di cellule immunitarie periferiche coinvolte nella neuroinfiammazione, nelle lesioni cerebrali, autoimmunità e neurogenesi.

Topi privi di germi, allevati in condizioni sterili, o topi impoveriti di del loro microbiota intestinale, mediante antibiotici, mostra importanti alterazioni nei comportamenti o neuropatologie che caratterizzano disturbi neurosviluppo, psichiatrico e neurodegenerativo.

Questi includono, tra gli altri, lo spettro autistico, la depressione, il morbo di Alzheimer, il Parkinson (tabella 2).

Un esempio impressionante del un ruolo patogeno della comunità microbica intestinale è nel morbo di Parkinson (PD). Nei pazienti con PD, si formano aggregati di una proteina, alfa-sinucleina (AS), sia nelle cellule cerebrali che nell’intestino, segno distintivo della malattia. In pazienti affetti da PD la motilità gastrica è spesso compromessa e il livello di AS intestinale è elevato.

In modelli animali, topi che sovraesprimono AS, infatti, sviluppano deficit neurologici simili a quelli dei pazienti con PD.

Recentemente, tre test hanno dimostrato un ruolo centrale della comunità microbica intestinale nella patogenesi del PD

(Figura 4):

(1)    topi privi di germi sviluppato meno placche e quasi nessun sintomo neurologico rispetto ai controlli colonizzati convenzionalmente,

(2)   il trattamento (2) dei topi con PD con antibiotici ha evidenziato un miglioramento dei deficit neurologici e

(3)   i trapianti fecali da pazienti con PD a topi privi di germi ha portato a deficit neurologici simili a PD

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Figura 4: Contributo degli acidi grassi a catena corta (SCFA) e del trapianto fecale da parte di pazienti affetti da Parkinson (PD) alla patogenesi della PD e la sua prevenzione mediante l’eliminazione del microbiota intestinale.

 

Da ricerche precedenti si sapeva che gli acidi grassi a catena corta (molecole prodotte dalla digestione di fibre nell’intestino da parte dei batteri) sono in grado di attivare risposte immunitarie nel cervello. Il ruolo delle cellule della microglia – cellule che si trovano nel cervello con funzioni di difesa immunitaria – è considerato infatti sempre più importante nelle malattie neurodegenerative come il Parkinson e l’Alzheimer.

I ricercatori in questo nuovo studio hanno osservato che, nei topi privi di batteri intestinali, la somministrazione di acidi grassi a catena corta è in grado di stimolare l’attivazione delle cellule della microglia e migliorano la fisiopatologia della PD.

L’identificazione dei batteri che concorrono nella patogenesi del PD e il meccanismo che porta alla deposizione delle placche AS neurotossiche attendono ulteriori chiarimenti.

Conclusioni e prospettive

La ricerca biomedica ha compiuto importanti progressi negli ultimi anni e mantiene la promessa di fornire nuove opzioni diagnostiche, preventive e terapeutiche per i pazienti con patologie ereditarie o acquisite, maligne o non.

La popolazione intestinale è coinvolta in un gran numero di funzioni biologiche e in (tabella 1) e nella genesi di numerose malattie, gastrointestinali e non, come l’obesità, la sindrome metabolica, la trombosi, malattie psichiatriche e neurodegenerative (tabella 2).

E’ evidente l’importanza che può assumere un intervento dietetico mirato sul benessere del microbiota intestinale e, di conseguenza, sulla salute dell’uomo. E’ importante un regime alimentare ricco di fibre e verdure e dal regime calorico contenuto.

 

Fonte: The Human Microbiome: An Emerging Key Player in Health and Disease
C. Author: Hubert E. Blum – Department of Medicine II, University Hospital Freiburg, Freiburg, Germany

 

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I fichi nella nostra dieta: benefici proprietà e controindicazioni

 

I fichi nella nostra dieta benefici, proprietà e controindicazioni

I fichi maturano d’estate e fino all’ inizio dell’autunno. All’inizio dell’estate, maturano i cosiddetti fichi “fioroni”: sono ricchi di nutrienti, di fibre anti stipsi e di minerali drenanti; i “fichi veri” maturano da agosto a settembre e i fichi tardivi arrivano in autunno.

Sono da preferire a quelli secchi, poiché quest’ultimi contengono ben 256 kcal e 58 g di zuccheri per 100 g. Meglio, quindi, i fichi freschi e ben maturi.

fichi sono frutti particolarmente delicati: in frigo possono essere conservati per un massimo di tre giorni, riposti in un sacchetto di carta per evitare lo stretto contatto col freddo e l’assorbimento di odori provenienti da altri cibi presenti nel frigorifero.

I fichi nella nostra dieta: benefici, proprietà e controindicazioni

Le proprietà di questo frutto sono notevoli e, se consumati nel modo giusto, non c’è pericolo per chi è a dieta.

  • Spuntino energizzante: dopo una bella corsa, una partita a calcetto, una nuotata,  i fichi costituisco un ottimo spuntino energizzante per l’alto contenuto di zuccheri facilmente assimilabili. Meglio evitare di mangiarli di sera quando il nostro corpo non ha così bisogno di energie da bruciare.
  • Per la pressione: un consumo elevato di sodio abbinato ad uno scarso apporto di potassio può portare all’ipertensione. Il buon contenuto di potassio aiuta a controllare la pressione sanguigna e a contrastare gli effetti del sodio che introduciamo nel nostro organismo attraverso il cibo, soprattutto quello industriale.
  • Proteggono il cuore: contengono acidi grassi Omega 3 e 6,  noti per ridurre il rischio di malattie coronariche. Le sue foglie inoltre contengono composti in grado di ridurre i trigliceridi a tutto vantaggio della salute del cuore.
  • Calcio e ferro: i frutti freschi sono ricchi di calcio, minerale essenziale nella formazione delle ossa, perché aumenta la densità e ne facilita il corretto sviluppo; e di ferro, utile nelle persone con anemia.
  • Regola l’intestino: la presenza nei fichi di fibre e mucillagini aiuta il nostro intestino ad essere più regolare.
  • Contro tosse e infiammazioni: il decotto di fichi secchi ha un’azione lenitiva nei confronti degli attacchi di tosse. Il fico ha anche proprietà antinfiammatorie sull’apparato urinario e circolatorio e anche nei confronti delle pareti intestinali, proteggendole dalle ulcere.
  • Le foglie e il Diabete: le foglie di fico sono commestibili e hanno proprietà utili per persone che soffrono di diabete in quanto sono in grado di abbassare la quantità di insulina richiesta nelle persone che necessitano iniezioni di questa sostanza.
  • Prevenzione dei tumori: la ricca presenza di fibre aiuta il nostro organismo a proteggersi dai radicali liberi e sostanze cancerogene.  Legandosi  alle sostanze nocive, la fibra ne facilita l’espulsione.
  • Acne: si può ridurre gli effetti dell’acne applicando sul viso una purea ottenuta con fichi freschi e lasciarla asciugare per 20 minuti circa.

Controindicazioni del fico

I frutti sono un alimento sconsigliato per chi soffre di diabete. Il consumo eccessivo è sconsigliato anche a chi soffre di obesità.

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