Intolleranze alimentari: cosa sono? Parte 2
Nell’articolo precedente abbiamo discusso sulla differenza tra allergie e intolleranze e cosa comporta per l’organismo.
Un’intolleranza alimentare è innanzitutto legata ad una monotonia alimentare, al sovraccarico di alimenti assunti ripetutamente e troppo a lungo.
Per gestire le intolleranze alimentari sarebbe utile ripercorrere il modello dello svezzamento, grazie al quale abbiamo imparato fin da piccoli a tollerare il cibo e a nutrici gradualmente in modo più vario.
LO SCHEMA DELLA ROTAZIONE DEI CIBI
Per risolvere le intolleranze alimentari non bisogna escludere i cibi che disturbano (eccezion fatta per l’intolleranza al glutine e al lattosio, due intolleranze diagnosticabili solo con analisi mediche specifiche), è utile invece organizzare un piano personalizzato di rotazione alimentare, in cui si alterneranno momenti di astensione totale dal consumo dei cibi “no” (le cosiddette “giornate di pulizia”) e pasti liberi, con assunzione (controllata) anche di questi ultimi, per integrarli gradualmente e opportunamente.
Il rischio di una dieta di eliminazione è di incorrere in reazioni allergiche qualora, dopo periodi più o meno lunghi di astensione, deliberatamente o fortuitamente capitasse di assumerli nuovamente.
ESEMPIO DI SCHEMA DI ROTAZIONE DEI CIBI
Considerando che ogni individuo sia un caso a sé e che il programma di gestione delle intolleranze debba necessariamente essere personalizzato, ti mostro un esempio:
- Lunedì: “pulizia” totale per gli alimenti non tollerati
- Martedì: “pulizia” totale
- Mercoledì: “pulizia” totale a colazione e a pranzo, cena libera, con la possibilità di consumare gli alimenti non tollerati
- Giovedì: “pulizia” totale
- Venerdì: “pulizia” totale
- Sabato: “pulizia” totale
- Domenica: “pulizia” totale a colazione, ma pranzo o cena liberi
L’ alternanza di pasti controllati e liberi, permette al corpo di “disintossicarsi” e di recuperare la tolleranza alimentare, ripristinando la giusta reazione allo stimolo immunologico generato dal cibo e riconoscendo così come non nocive con le sostanze prima percepite come nocive. Nel frattempo, anche i sintomi causati o aggravati dalle intolleranze alimentari diminuiscono, perché diminuisce l’infiammazione indotta dal cibo.
Dopo circa 2-3 mesi, si dovrebbe già percepire un miglioramento, il numero dei pasti liberi viene via via aumentato, fino alla totale libertà alimentare.
I TEST PER LE INTOLLERANZE SONO ATTENDIBILI?
SENSIBILITÀ O SPECIFICITÀ? – Sul mercato esistono vari test “non convenzionali” per le intolleranze alimentari e tutti dovrebbero essere sensibili e specifici. Quando parliamo di sensibilità verso un alimento la persona “intollerante” dovrebbe presentare un valore altissimo, il più possibile vicino al 100%. Mentre la persona che non soffre di alcuna intolleranza dovrebbe avere una specificità bassissima che si aggira il più possibile intorno allo 0%. Il problema è che la maggior parte dei test non presentano tale accuratezza e quindi il risultato è che tutti mostrino una o più intolleranze alimentari.
QUANTI TEST CI SONO?
Ce ne sono troppi. E pochi sono quelli ritenuti realmente validi: Kinesiologia applicata (DRIA test e simili), Test di citotossicità (Cytotoxic test o test di Bryan o ALCAT, ecc.), Test EAV (elettroagopuntura secondo Voll, Vega test, Sarm test, Biostrength test e loro varianti), Test di provocazione/neutralizzazione, Test di provocazione/ neutralizzazione sublinguale, Biorisonanza, Analisi del capello, Pulse test, Test del riflesso cardiaco-auricolare, Test Melisa, Mineralogramma, Iridologia, test Bioenergetico dei Virus e Batteri e simili… Il Citotest è considerato il test “più sicuro” tra i “non convenzionali”. Si preleva il sangue e si testa il rigonfiamento dei globuli bianchi (granulociti) dopo averli associati a varie sostanze alimentari. A seconda del livello di rigonfiamento – suddiviso in quattro parametri – l’intolleranza può essere nulla o più o meno grave. Chiaramente pecca in specificità: chi risulta intollerante ai peperoni dovrebbe per forza esserlo anche ad altre solanacee come il caffè, tabacco, patate e melanzane e non sempre c’è questa correlazione.
AFFIDABILI O NO? – Attualmente non ci sono strumenti di valutazione attendibili in quanto non sono in grado di individuare gli agenti causali di presunte “intolleranze alimentari”, sono privi di validazione scientifica e non sono riproducibili
INTOLLERANZE O ALIMENTAZIONE SCORRETTA? – Durante un test per le intolleranze, vengono eliminati quasi sempre tutti i cibi raffinati: farine, zuccheri, carboidrati che, come confermano numerosi studi, non sono particolarmente salutari. Ma se così fosse l’intolleranza alimentare non c’entra niente. Si tratta per lo più di un’alimentazione scorretta. Non ho dubbi sul fatto che tante persone stiano meglio dopo l’esclusione dei cibi segnalati dai test! Vero però che, il più delle volte, si tratta di cibi di cui abitualmente abusiamo o che notoriamente danno allergie o reazioni simili: latte, latticini, pomodori, grano, arance, noccioline, cioccolato,….
DIARIO ALIMENTARE
Può essere utile appuntare ogni giorno su un diario, un quaderno, sul pc, cosa mangi tra colazione, pranzo, cena e spuntini.
Questo può aiutarti a capire se mangi troppo spesso alcuni alimenti. Come primo passo puoi cominciare a ridurli, sostituendoli con altri non appartenenti alla stessa categoria.
Per esempio, se faccio colazione tutte la mattine col latte da anni e noto un fastidio nella digestione oppure mi sento più gonfio, forse è arrivato il momento di bere altro, che non sia un latticino. Alterna una tisana, una spremuta di agrumi al latte o allo yogurt.
Lunedì: tisana + fette biscottate + 1 frutto
Martedì: yogurt bianco + fiocchi d’avena + miele
Mercoledì: spremuta + gallette di mais/riso + noci
Giovedì: latte + pane integrale tostato + 1 frutto
Venerdì: tisana + gallette + salume magro
UN CONSIGLIO – Riduci “l’intolleranza-fobia” e, se sospetti delle allergie, esegui le indagini convenzionali. Se non sei allergico, non giungere a conclusioni affrettate. Consultati con un esperto per valutare insieme se le tue abitudini alimentari hanno bisogno di qualche modifica.
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