I semi della salute: grassi buoni, proteine e sali minerali

I semi della salute: grassi buoni, proteine e sali minerali

Lo sapevi che puoi fare il carico di nutrienti attraverso i semi delle piante?

Oggi ti mostrerò come integrare in modo del tutto naturale nutrienti preziosi per la nostra salute senza ricorrere ad integratori farmaceutici.

Il seme in generale è una miniera di nutrienti che serviranno per dar vita ad una pianta, una bomba di enzimi, grassi buoni e amidi, oltre che sali minerali che serviranno per tutte quelle reazioni che daranno vita al germoglio. Energia potenziale concentrata che possiamo sfruttare a nostro favore per il benessere del nostro cuore, ossa, pelle, cervello e sistema immunitario.

 

Oggi vediamo insieme i più gettonati e facili da reperire: semi di zucca, sesamo, girasole, chia, lino, canapa, papavero.

Semi di zucca

Come tutti i semi, sono composti principalmente da grassi per circa il 50%, da carboidrati per il 24% e per circa il 18% da proteine. Ricchi di minerali come il magnesio, zinco e selenio, i semi di zucca sono anche integratori naturali alimentari di fosforo.

I semi di zucca sono noti per contrastare i vermi intestinali e per aiutare le vie urinarie nelle infiammazioni e anche per le infiammazioni legate all’ingrossamento della prostata.

Semi di sesamo

I semi di sesamo sono alleati potenti per le nostra ossa e per il sistema immunitario per l’alta percentuale  di calcio e di zinco in essi presente. Contiene anche buone quantità di selenio, contro i radicali liberi. Ricorda di tritarli perché, se non masticati per bene, non siamo in grado di digerirli.

Semi di girasole

I semi di girasole sono un’ottima fonte proteica, ma soprattutto di grassi buoni (acido linoleico, omega-6) e di magnesio aiutando le nostre arterie ad essere più pulite e il nostro cuore più in salute. Presenta anche manganese, un oligoelemento che favorisce il buon funzionamento mentale, la crescita delle ossa e la formazione di collagene nella pelle.

Semi di chia

I semi di chia, come il sesamo, sono ricchi in calcio e altri minerali, come selenio, zinco, magnesio, ferro e potassio, ma anche vitamina C e acidi grassi essenziali omega3 e omega6. Sono dei veri e propri ricostituenti. Come i semi di lino, assorbono molta acqua, circa 10 volte il loro peso, contrastando la stitichezza e dando un maggiore senso di pienezza e sazietà.

Semi di lino

Anche i semi di lino contribuiscono al benesssere intestinale e delle vie urinarie, per la presenza di mucullagini. Contengono omega 3 e 6. Presentano un’alto contenuto di minerali, in particolare fosforo, rame, magnesio e manganese.

Semi di canapa

Sono una vera medicina naturale. La canapa, in olio o in semi, è l’unico tra i vegetali ad avere un rapporto perfetto omega 6/omega 3, generalmente alterato nell’alimentazione moderna in cui si assiste ad una prevalenza sproporzionata di omega 6 con attività proinfiammatoria. I semi di canapa contengono tutti gli aminoacidi essenziali, per cui ottimi per i vegani. Valido anche l’apporto vitaminico (soprattutto per la vitamina E, antiossidante) e di sali minerali (calcio, magnesio e potassio).

Semi di papavero

I semi di papavero sono un buon rimedio contro ansia e stress, avendo un blando effetto calmante e sedativo. Sono ricchi in calcio, acido linoleico e vitamina E, un potente antiossidante. I semi di papavero contengono inoltre i fitosteroli che riducono la concentrazione di colesterolo nell’organismo. Ricorda sempre di sminuzzare in polvere i semi piccoli, altrimenti non potrai sfruttare le loro proprietà.

 

Da questo elenco hai potuto notare come sia un’ottima abitudine inserire i semi nella nostra alimentazione. Ricorda che tutti i semi hanno buona quota di grassi buoni e proteine, più bassa quella di carboidrati. Senza dimenticare le fibre, le vitamine, i sali minerali e tutti gli oligoelementi indispensabili alla nostra salute.

Sono ottimi sostituti della carne e del pesce, se assunti nel modo e nelle quantità corrette.

 

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consigli natale
Consigli per un Natale senza rinunce e senza eccessi

Siamo a Dicembre e l’aria Natalizia è sempre più presente: gli addobbi di natale, lo shopping dei regali e con essi iniziano i primi sgarri a tavola, gli inviti a cena fuori, eccetera.

Già dal mese di novembre sono proposti dolci tipici come panettone e pandoro, cotechini, zamponi, frutta secca ed altre leccornie che tentano la nostra gola. Capita così d’acquistare cibi particolarmente calorici, per un periodo che può durare anche 6-8 settimane, dall’1 dicembre al 15 di gennaio, che probabilmente ci “regaleranno” 3- 4 chili in più.

Le feste di Natale, però, prevedono una vigilia la sera del 24, oppure un pranzo il giorno di Natale e un altro pranzo il giorno di Santo Stefano. Se aggiungiamo la cena dell’ultimo dell’anno, il pranzo del primo e passiamo al pranzo della Befana, bene che vada, festeggiamo 6 ricorrenze che prevedono cene o pranzi decisamente festaioli ed abbondanti.

Ogni pasto può raggiungere tra le 3000 e le 6000 Kcal: se facciamo un esempio, una colazione con un po’ di panettone, un pranzo o una cena festaioli, qualche brindisi con amici e parenti, possono apportare circa 4.000 Kcal . Se poi si aggiungono alimenti che in quei giorni circolano per casa come cioccolata, torroni, dolci tipici, salumi e frutta secca, è facile arrivare o addirittura superare le 6000 Kcal/die.

Se manteniamo poi questo ritmo oltre i canonici giorni festivi, di certo non possiamo aspettarci di mantenere il nostro peso iniziale.

Vediamo insieme quali strategie adottare per questo Natale

  1. Distingui i veri giorni di festa. Nel periodo natalizio non ci sono 20 giorni di feste ma al massimo 5 o 6. Comincia, quindi, a regolarti riprendendo il tuo solito regime alimentare durante i giorni non festivi. Se festeggi la sera della vigilia di Natale, sarebbe meglio non festeggiare allo stesso modo il pranzo di Natale e viceversa, considerando che anche il giorno di Santo Stefano ti darà un’altra occasione per stare a tavola. Dopo aver brindato e mangiato fino a notte fonda l’ultimo dell’anno, cerca di moderare il pasto del primo gennaio. Fai una pausa fino al giorno della befana
  2. Riduci le quantità. Un ottimo punto di partenza per evitare le abbuffate è cucinare il giusto, riducendo l’abbondanza e la scelta dei piatti della tradizione, eviti di vivere di avanzi calorici i giorni seguenti, quando invece dovresti riprendere una dieta normo-calorica.
  3. Niente digiuno pre-abbuffata: inutile digiunare prima del pranzo o della cena della vigilia se questo ti porterà ad eccedere dopo. Vale sempre la pena ricordare che mangiare 5 pasti al giorno , colazione, spuntino, pranzo, merenda e cena, rispettando le calorie che dovremmo assumere in una giornata e per ogni pasto, mantiene attivo il metabolismo ed evita le abbuffate.

    Insalata di radicchio arancia finocchio e noci
  4. Antipasti a base di verdure crude. Fai in modo che a tavola ci siano sempre delle verdure crude come finocchi, cetrioli, sedano, carote crude. Oltre ad essere a calorie zero, sono sazianti e preparano lo stomaco al lauto pasto, favorendo la digestione.
  5. Bilancia con le proteine: in genere pranzi e cene di Natale abbonando in carboidrati e grassi. Ricorda di integrare la giusta porzione di proteine anche nei giorni di festa, per ridurre il carico di carboidrati e migliorare il senso di sazietà.
  6. Dolci si ma al momento giusto. Evita di mangiare il dolce subito dopo pranzo o cena. Aumenta ulteriormente il carico glicemico, allunga la digestione, senza dimenticare la sonnolenza che ne deriva. Piuttosto fai due passi per favorire la digestione. Sposta il dolce a merenda con un tè. Una fettina di panettone o pandoro simbolica tanto per onorare il brindisi di mezzanotte e un occhio al contenimento dei carboidrati. Riduci pane o pasta se c’è anche il dolce.
  7. Evita la frutta dopo pasto. Vale lo stesso discorso fatto per i dolci. In questi giorni immagino che la frutta fresca non venga presa molto in considerazione. Ti consiglio però di mangiarla a metà mattina per uno spuntino spezza-fame leggero.
  8. Ricordati di bere. Soprattutto lontano dai pasti, in questi giorni è importante bere in abbondanza in quanto il volume maggiore di cibo richiede più liquidi anche per garantire la regolarità intestinale.
  9. Abbassa l’indice glicemico. Mangia la pasta al dente e se preferisci il risotto, tosta il riso, l’indice glicemico sarà più contenuto. Evita il contorno di patate e preferisci le verdure.
  10. Si ai cibi grassi. Salmone affumicato, avocado, frutta secca, aringhe o alici o anguilla, crostacei, uova. Tutti questi alimenti, anche quelli pesanti, hanno un buon profilo lipidico che contrasta quello insulinico e quello glicemico. Inoltre, soddisfano meravigliosamente il nostro palato.
  11. Attenzione al sale: soprattutto se  sei iperteso, cerca di non salare le pietanze. In questi giorni si consumano molti cibi già salati, per cui meglio utilizzare le spezie per insaporire.

I trucchi per smaltire le calorie di troppo

  1. Cammina: hai mangiato troppo? Ogni giorno fai una passeggiata di mezz’ora a buon passo oppure, se troppo impegnata/o ai fornelli, proponi di fare una bella passeggiata dopo pranzo e dopo cena per la città vestita a festa. Camminare è sufficiente.
  2. Stoviglie colorate: alcuni studi hanno dimostrato che se piatto e cibo hanno il medesimo colore si tende a consumare più cibo mentre i colori a contrasto elevato delle stoviglie ci inducono a consumarne meno.
  3. Sì allo zenzero: lo zenzero è la spezia natalizia per eccellenza e la tisana un ottimo digestivo.

Consigli per il menu delle feste

Aperitivo/antipasto

  • Aperitivo con centrifuga di verdure e ananas ricco di enzimi digestivi.
  • Tra gli antipasti inserisci la verdura, la frutta e i semi, conditi con spezie piccanti che preparano la digestione.
  • Evita i soliti salumi e formaggi, ricchi di grassi saturi e sale.

Primi piatti

  • Prepara ricette che prevedano tra gli ingredienti anche le verdure, ad esempio un risotto ai carciofi e scampi, pasta al forno con spinaci.
  • Ricorda di cuocere la pasta al dente per abbassare l’indice glicemico.

Secondi piatti

  • Scegli le carni magre o il pesce se non sei vegetariano.
  • Torta salata di legumi, sformato di legumi e verdure per i vegetariani; le lenticchie sono un piatto tradizionale delle feste.

Dolci

  • Fai le scelte più sane ma ugualmente gustose: torte casalinghe, sorbetti, semifreddi con ricotta o formaggi magri, yogurt magro, frutta speziata, frutti di bosco, mandorle e nocciole. Ricorda di mangiarli negli orari giusti.

 

Spero questi consigli ti siano di aiuto per trascorrere un Natale senza troppe rinunce e senza eccessi.

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Curarsi col cibo: l’olio d’oliva è un farmaco

Le virtù curative dell’olio d’oliva sono note da secoli: già nel 400 a.C. il padre della medicina Ippocrate lo definiva «la medicina migliore» e più volte nelle opere di Omero viene descritto come «il liquido d’oro».

E’ ormai da tempo che si vantano le proprietà nutrizionali dell’olio d’oliva e sempre più solide sono le evidenze scientifiche di efficacia clinica dell’olio EVO (extravergine di oliva) nella prevenzione di malattie cardiovascolari, dei deficit cognitivi tipici dell’anziano, nel ridurre il rischio di diabete mellito di tipo II.  

Uno studio tutto italiano, ha individuato la capacità dell’olio extravergine d’oliva di combattere il cancro. “L’olio extravergine di oliva – spiegano gli esperti – è ricco di acido oleico, una sostanza in grado di regolare la proliferazione cellulare”.

L’assunzione quotidiana di olio extravergine d’oliva è utile a ridurre il rischio di cancro alla mammella, al colon e al seno, grazie alle notevoli proprietà anti-infiammatorie e antiproliferative.

Persino la Food and Drug Administration (FDA), l’ente governativo statunitense che vigila sulla regolamentazione dei prodotti alimentari e farmaceutici distribuiti sul suolo americano, ha definito l’olio extravergine d’oliva un medicinale.

Ovviamente non bisogna pensare che da oggi curiamo le patologie semplicemente mangiando olio, ma possiamo affermare che questo cibo prezioso può contribuire al mantenimento del nostro stato di salute. 

Quanto olio assumere?

Secondo la FDA, è sufficiente ingerire ogni giorno 2 cucchiai/die (circa 23 grammi) di olio EVO – poco più di 200 calorie -, consumato rigorosamente a crudo ed entro 12/18 mesi dall’estrazione (secondo la legge italiana (Legge n.9/2013, art.7).

L’olio dev’essere lavorato a freddo, per garantire al nostro organismo l’assunzione di almeno 17,5 gr di acido oleico, un importante acido grasso monoinsaturo della famiglia degli omega 9, 4,5 mg di vitamina E, un noto antiossidante liposolubile, 10 mg di efficaci polifenoli, potenti modulatori dell’espressione di geni protettivi ma senza modificare la sequenza del DNA. Tali sostanze  abbondano in specifiche varietà di olivo: le pugliesi Coratina e Ogliarola, le toscane Maurino e Moraiolo, la spagnola Cornicabra e la californiana Mission.

Sembra chiaro come l’olio EVO dovrebbe costituire il condimento esclusivo di una dieta bilanciata e povera di grassi, come quella Mediterranea, al fine di ridurre l’assunzione di grassi saturi ed alzare la quota di acido oleico e di grassi polinsaturi e ottenere i benefici terapeutici menzionati.

E’ stato più volte dimostrano come la sostituzione nella dieta di alcuni acidi grassi saturi, come quelli a lunga catena (ad esempio, l’acido palmitico e l’acido miristico), con giuste dosi di  acido oleico e/o acidi grassi polinsaturi, riduce fortemente i livelli sierici di colesterolo totale e colesterolo LDL, tra le principali cause di aterosclerosi.

Come conservare l’olio?

Per non alterare il suo potenziale nutraceutico, bisogna avere particolari accortezze:

1.       Conserva l’olio a una temperatura tra i 14 e i 18 gradi. L’olio non ama né le temperature elevate né le temperature vicine o inferiori allo zero;

2.      Conserva l’olio in piccoli (massimo 500 ml) contenitori ben chiusi, puliti, di vetro (opaco o scuro), di porcellana o di acciaio inox, in luoghi freschi e lontani da contaminazioni aromatiche. La latta è un buon compromesso per brevi periodi, la plastica per alimenti, invece, non è adatta alla conservazione dell’olio.

3.      Non lasciare l’olio a contatto con l’aria e per questo non lasciarlo troppo a lungo in contenitori mezzi vuoti, anche se ermeticamente chiusi.

 

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Alimentazione sport
Sport e alimentazione: l’importanza dei nutrienti (carboidrati, proteine e grassi)

L’alimentazione non  fa vincere una gara, ma esistono molti alimenti che possono farla perdere.

Numerose sono le persone che cominciano un’attività fisica e contemporaneamente “si mettono a dieta”, convinti che per rimettersi in forma basti eliminare i carboidrati, additati comunemente come la causa di tutti i rotolini alla pancia.

Anche gli sportivi, amatoriali o professionisti, spesso non hanno una guida alimentare che li supporti nei periodi di allenamento e gara, con ripercussioni sulle performance.

E’ necessario crearsi una consapevolezza alimentare e prendere confidenza con pochi concetti generali, utili per impostare una corretta alimentazione, in relazione agli sforzi fisici da sostenere.

A cosa serve il cibo?

Dobbiamo innanzitutto ricordare che tutto ciò che introduciamo nel nostro organismo, deve servire contemporaneamente:

  • come benzina (le calorie)
  • come protezione da agenti inquinanti, dall’invecchiamento cellulare (vitamine, minerali, fibre, antiossidanti)
  • per la regolazione termica (l’acqua delle bevande e quella contenuta nei cibi)
  • per il continuo tournover cellulare (le proteine e i loro amminoacidi di cui sono costituiti,  permettono il rinnovamento dei tessuti).

Qual è la miscela più opportuna da consumare?

Il motore umano ha bisogno di un mix di nutrienti (carboidrati, proteine, grassi) in quantità preferenziali per funzionare al meglio.

Le percentuali a cui mi riferisco sono le seguenti:

  • il 50-60% delle calorie necessarie deve provenire dal gruppo dei carboidrati
  • tra il 20-30% dal gruppo dei grassi
  • il restante 10-20% dal gruppo delle proteine

Tali percentuali che variano in relazione al tipo di allenamento e intensità dell’esercizio fisico.

Il nostro motore necessita anche di micronutrienti, cioè le vitamine (A, B, C, D, E, K), i minerali (calcio e fosforo) e gli oligoelementi (ferro, zinco, selenio e manganese), così chiamati perché il corpo ne ha bisogno solo in piccole quantità, ma giocano un ruolo essenziale nella produzione di enzimi, ormoni e altre sostanze che aiutano a regolare la crescita, l’attività, lo sviluppo e il funzionamento dei sistemi immunitario e riproduttivo.

Ad essi si devono aggiungere l’acqua e le fibre alimentari.

I carboidrati

Il glucosio è la forma più semplice dei carboidrati che dopo la digestione passerà nel sangue. La combustione del glucosio produce, nelle cellule del corpo umano, energia   per 4 calorie per ogni grammo di zucchero.

Dove si trovano i carboidrati?

Soprattutto negli alimenti vegetali: nei cereali (pane, pasta, riso, farro, mais,…), nei legumi (ceci, fagioli, lenticchie, soia), nei tuberi (patate), nella frutta e nelle verdure. In minore quantità sono anche in alimenti di origine animale come il latte (lattosio 5 g/100 g di latte) e, logicamente, nel miele. Nelle bibite zuccherate, nelle spremute e, ovviamente, nei dolciumi!

Zuccheri semplici e zuccheri complessi

La distinzione dei carboidrati in “semplici” e “complessi” riguarda la velocità di digestione, cioè quanto tempo impiegano per essere “smontati” in molecole elementari (glucosio, fruttosio e galattosio) capaci di entrare nel circolo sanguigno attraverso la parete intestinale.

  • Zuccheri complessi: sono a più lunga digestione e tra questi rientrano i carboidrati dei legumi, dei cereali, tutti ricchi di amido, una molecola molto lunga e complessa che i nostri enzimi devono smontare durante la digestione.
  • Zuccheri semplici: a rapido assorbimento. Li troviamo nello zucchero comune (il saccarosio), nella frutta, nelle spremute, nel miele.

Zucchero e indice glicemico

Dell’indice glicemico abbiamo già trattato nell’articolo “Indice glicemico, insulinico e dimagrimento”.

Brevemente ti ricordo che l’indice glicemico segnala con quale rapidità l’organismo metabolizza un alimento, basato su una scala in cui il glucosio puro ha un valore di 100.

Gli alimenti con un indice alto fanno sentire prima la sensazione di fame e il bisogno di alimentarsi nuovamente. Aggiungendo fibre a ogni pasto (verdure), si rallenterà la risposta glicemica dell’organismo.

Alto e basso indice glicemico: cosa avviene nell’organismo?

Se si assumono carboidrati ad alto indice glicemico prima di allenarsi o prima di una gara:

  1. la glicemia ha un maggiore e più rapido rialzo
  2. la risposta insulinica segue il rialzo glicemico
  3. per ottenere energia l’organismo preferisce utilizzare gli  zuccheri al posto dei grassi
  4. il glicogeno muscolare si esaurisce prima

Se si assumono carboidrati a basso indice glicemico prima di allenarsi o prima di una gara:

  1. la glicemia sale meno e più lentamente
  2. la risposta insulinica è più attenuata
  3. l’organismo tende ad utilizzare i grassi (gli acidi grassi liberi, FFA) come fonte di energia
  4. i depositi di glicogeno si esauriscono più lentamente

Il fruttosio della frutta, nonostante sia uno zucchero semplice, provoca una risposta insulinica bassa che non riduce il livello degli acidi grassi circolanti,  per cui restano disponibili all’utilizzo come fonte di energia, risparmiando così una parte delle scorte muscolari di zuccheri, rappresentate dal glicogeno.

Quando si utilizzano i carboidrati:

  • prima dello sforzo: per fare scorta di glicogeno (muscoli e fegato), senza elevare le concentrazioni ematiche di insulina
  • durante lo sforzo: per prevenire l’esaurimento del glicogeno muscolare
  • dopo lo sforzo: per ricostituire il glicogeno muscolare

Carboidrati prima della prestazione:

  • nelle prestazioni prolungate, fino a 3-4 ore prima, si può consumare una certa quantità di carboidrati
  • nelle 3 ore precedenti la prestazione, è bene utilizzare carboidrati a basso indice glicemico per evitare di arrivare alla gara o all’allenamento con alti valori di insulinemia e rischiare di utilizzare pochi grassi FFA. Si può mangiare, ad esempio, frutta, yogurt, crackers.

Carboidrati dopo la prestazione:

E’ conveniente assumere carboidrati ad alto indice glicemico per ricostituire il glicogeno muscolare. Meglio che assieme ai carboidrati ci siano anche le proteine.

Carboidrati durante l’attività fisica: fruttosio e maltodestrine

FRUTTOSIO

  1. rapido svuotamento gastrico
  2. bassi livelli della  glicemia e dell’insulinemia
  3. miglior utilizzo  FFA
  4. assorbimento modulato

MALTODESTRINE

  1. efficace apporto energetico e glicemia stabile
  2. buon sapore
  3. ottimo assorbimento intestinale

I grassi o lipidi, sviluppano più calorie di tutti gli altri nutrienti, ben 9 calorie per grammo. Quali sono le funzioni:

  • nel bene (apportatori di vitamine liposolubili, costituenti delle cellule e di altre importanti strutture organiche);
  • nel male (favoriscono l”incremento di peso corporeo, ma anche la formazione di placche aterosclerotiche nelle arterie).

Le proteine

Le proteine sono delle catene formate dall’unione di molecole più piccole chiamate aminoacidi che, a seconda del numero e della disposizione che assumono, danno proteine diverse.

Otto sono considerati essenziali, reperirli solamente dagli alimenti, sia di origine animale che vegetale.

Le proteine sono un materiale pregiato ed insostituibile per l’accrescimento, la manutenzione ed il rinnovamento di tutte le cellule del corpo.

Il fabbisogno di proteine è particolarmente elevato proprio nel periodo dello sviluppo (il latte e tutti i suoi derivati, le carni, il pesce, le uova, i legumi associati ai cereali)

Generalmente il fabbisogno proteico giornaliero è coperto facilmente attraverso la normale alimentazione. Pertanto, quando si assume un integratore proteico di qualsiasi natura, bisogna stare attenti a bilanciare l’introduzione di proteine con il cibo per evitare un eccesso di scorie azotate.  Risulta pertanto inutile fare n carico di proteine, considerando che in ciascun pasto non si assimilano più di 30-35 g di proteine e che non riusciamo a fare scorta. Meglio distribuire le proteine in più pasti della giornata.

La frequenza dei cibi

Nei 14 pasti principali di una settimana, per garantire la giusta varietà, ti consiglio di consumare:

  • carne: 2 – 3 volte, alternando ogni genere di carne, compresi i salumi magri
  • pesce: 3-4 volte, preferibilmente pesce azzurro
  • uova: 2-3 volte
  • formaggi: 2 volte
  • legumi con cereali: 3-4 volte (cereali, pane e fagioli, riso e piselli, ecc.)

5 pasti al giorno

Ormai tutti raccomandano di consumare almeno 5 pasti al giorno, per evitare picchi glicemici e attacchi di fame. Questa frequenza, inoltre, evita un periodo di digiuno di più di 4-5 ore, che avrebbe un effetto catabolico.

 

Spero questo articolo sia stato utile a chiarire l’importanza di assumere tutti i nutrienti, soprattutto quando il dispendio energetico aumenta a seguito di un’attività sportiva, più o meno intensa. Non bisogna eliminare nessun alimento bensì gestire le quantità, i tempi di assunzione e valutare la qualità. Con l’aiuto di un esperto puoi evitare carenze nutrizionali, anche gravi, dovute ad un’alimentazione non equilibrata.

 

Ti invito la prossima settimana a proseguire l’informazione sull’alimentazione e lo sport.

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Omega 3: integratori o pesce?

 

Omega 3: integratori o pesce?

Spesso mi chiedono se sia necessario o meno integrare la nostra alimentazione con Integratori di grassi Omega 3 oppure aumentare il consumo di pesce.

I grassi e le fonti alimentari

Prima di arrivare alla risposta, vediamo insieme un breve riassunto dei tipi di grassi esistenti e delle loro fonti alimentari, in modo tale da farci un’idea.

  • I grassi saturi sono contenuti principalmente in prodotti animali: burro, lardo, pancetta, carne, formaggi. Troviamo grassi saturi anche nel mondo vegetale: lo stesso olio di oliva ne contiene circa il 14%; le fonti vegetali a maggior contenuto di saturi sono l’olio di palma, di cocco e di colza.
  • La fonte principale di grassi monoinsaturi nell’alimentazione mediterranea è l’olio extravergine d’oliva; sono i grassi che hanno maggiore effetto salutistico nella prevenzione delle patologie cardiovascolari.
  • I grassi polinsaturi possono essere della serie omega-3 o omega-6: gli omega-3 sono contenuti principalmente nel grasso di pesce; nel mondo vegetale le noci e i semi di lino ne sono una buona fonte; gli omega-6 sono contenuti in alte percentuali negli olii vegetali (olio di girasole, di colza, di soia).
  • I grassi Trans (in natura si trova in bassissime percentuali), ottenuti mediante trattamenti come la cottura ad alte temperature (ad esempio fritture) o l’idrogenazione (ad esempio margarine). Questi grassi rappresentano un rischio concreto per la salute , in quanto aumentano tutti i fattori di rischio di patologie cardiovascolari e infiammazione organica.

La principale responsabile della presenza dei grassi trans negli alimenti è l’industria del cibo: grazie al processo di idrogenazione è infatti possibile conferire agli olii vegetali di basso costo particolari caratteristiche (non nutrizionali!) del ben più costoso burro.

Dopo l’allarme per la pericolosità dei grassi trans, l’industria ha messo a punto due tecniche alternative all’idrogenazione (cristallizzazione frazionata ed interesterificazione): anche se in misura minore, comunque questi processi portano alla formazione di grassi trans.

Leggere le etichette

Leggere, quindi, tra gli ingredienti di un prodotto industriale “olii e grassi vegetali non idrogenatinon è garanzia di assenza di grassi trans! Purtroppo sono ben pochi gli alimenti industriali che non contengono grassi trans.

Come esercizio della settimana provate a controllare voi stessi le etichette di crackers, grissini, merendine, biscotti, creme alla nocciola, pizze surgelate, gelati confezionati, etc. e vi renderete conto da soli.

Omega 3

L’interesse verso gli Omega 3 nasce intorno agli anni ’70, quando indagini alimentari condotte sugli Inuit (popolazioni artiche di cui fanno parte gli Eschimesi) evidenziarono una correlazione tra elevato consumo di pesce grasso e protezione da malattie cardiovascolari. Seppur la loro alimentazione era rappresentata per circa il 60-70% (contro il 30-35% di una dieta occidentale) da proteine e grassi animali delle calorie giornaliere, gli Inuit avevano un’incidenza di patologie ischemiche e cardiovascolari pressoché pari a zero.Immagine correlata

Un risultato inspiegabile proprio in quegli anni in cui i grassi animali venivano additati indiscriminatamente come fattore di rischio maggiore per infarto e ictus (!).

Studiando e confrontando la composizione chimica dei grassi del pesce e dei mammiferi marini con quella dei mammiferi terrestri, gli scienziati scoprirono gli animali marini presentano una prevalenza acidi grassi polinsaturi, mentre quelli terrestri contenevano un’abbondanza di acidi grassi saturi e pochi grassi polinsaturi.
Centinaia di studi successivi dimostrarono l’effetto benefico dei grassi polinsaturi nei confronti di patologie cardiovascolari.

Integratori di Omega-3

E da qui partì il business degli Omega-3 come integratore e non solo: parallelamente l’industria alimentare cominciò ad addizionare di grassi polinsaturi ogni tipo di prodotto, dalla margarina al latte, dai biscotti per la colazione alle zuppe preconfezionate.

Purtroppo non vennero fatte due considerazioni importanti:

  • la prima è che “se un po’ fa bene non significa che tanto fa meglio”omega-3-alimenti-arricchiti
  • in secondo luogo che la bassa incidenza di malattie cardiovascolari tra gli Inuit non era dovuta al consumo di omega-3, bensì a quello di pesce!

L’integrazione di Omega 3 di per se non ha effetti né benefici né nocivi. Ad essere realmente importante non è il quantitativo assoluto di omega-3 o omega-6 o grassi saturi o monoinsaturi, bensì il rapporto esistente tra di loro.

Solo un corretto rapporto tra omega-3 e omega-6 si è rivelato essere anti-infiammatorio e dunque positivo per la salute.

Qual è il fabbisogno?

Tutt’oggi gli scienziati non definito il rapporto ottimale per la salute: c’è chi dice 1:1 (ossia introdurre quantità uguali di omega-3 e omega-6), c’è chi dice 1:3 (ossia per ogni grammo di omega-3 si dovrebbero introdurre 3 grammi di omega-6).

Considerando che sarebbe comunque difficile stimare il fabbisogno di ciascuno di noi, attualmente, la dieta occidentale si distingue, ahimè, per un totale squilibrio di omega-3 e omega-6 con un rapporto di 1:10.

Questo squilibrio può crearsi o per una carenza di omega 3 nell’alimentazione media, o per un abnorme eccesso di omega-6.

In caso di carenza, l’integrazione di omega-3 sottoforma di pillole o alimenti fortificati è quello che effettivamente si promuove.  In questo modo si inducono le persone a scegliere gli alimenti che in etichetta vantano un contenuto extra di Omega 3, come nel caso di alcune marche di latte, o di integratori alimentari, nei confronti dei quali ho sempre manifestato forti dubbi.

Se consideriamo la seconda possibilità, l’eccesso di omega 6, la questione sarebbe molto spinosa per l’industria alimentare, dal momento che anche i vantati“olii e grassi vegetali (non idrogenati)” non sono solo fonte di grassi trans, ma anche di omega 6.

Mi viene da dire che un buon punto di partenza sarebbe ridurre drasticamente l’utilizzo di prodotti industriali(!)

Omega 3: integratori o pesce?

Tornando alla domanda di partenza,  meglio l’alimento o l’integratore o gli alimenti arricchiti di Omega 3, uno  studio condotto nel 2009, ha indagato i risultati provenienti da ben 45 diversi studi su omega-3, pesce e rischio cardiovascolare, concludendo che

pesce-azzurro-sgombri“(…) apporta più beneficio alla salute il consumo di pesce anziché l’esclusiva integrazione di omega-3; benché il meccanismo non sia stato chiarito, è probabile che nel pesce ad essere veramente protettiva sia l’interazione degli omega-3 con altri nutrienti in esso contenuti, e non la sola presenza di questi acidi grassi.

Il consumo di pesce è stato correlato a minori livelli di trigliceridi, colesterolo LDL, aggregazione piastrinica, aritmia cardiaca, infiammazione, funzione endoteliale e pressione sanguigna (tutti fattori di rischio per infarto, ictus ed eventi coronarici)(…)”.

Se da un lato questo studio ha confermato che sia l’alimento completo a far bene alla salute e non l’estratto di una singola molecola, dall’altro bisogna considerare anche la salubrità del pesce attualmente in commercio.

L’inquinamento dei mari influisce sulla qualità del pesce che risulta essere maggiormente contaminato da tossine e metalli pesanti come il mercurio rispetto a cent’anni fa.

Quale pesce scegliere?

  1. Evita il tonno (sia in scatola che fresco), pesce spada, il pangasio ed altre specie ittiche di grossa taglia: sono ottimi accumulatori di metalli e tossici, perchè vivono di più, sono carnivori e assorbono più inquinanti dalle acque e da altri pesci.
  2. Evita il pesce in scatola, riduci i contaminanti come i metalli. Preferisci il pesce fresco o surgelato.
  3. Evita il pesce fritto, panato, bastoncini di pesce, alteri il loro grasso buono.
  4. Consuma spesso il pesce, 2-3 volte a settimana.
  5. Preferisci pesci di piccola taglia: alici, sardine, sgombro, cefalo, etc…
  6. Per i vegetariani e i vegani, l’olio di semi di lino, le noci e altra frutta secca possono rappresentare ottime fonti alternative al pesce per gli omega-3.

 

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